Si! Massimo Amanati è materico.
Un materico che tuttavia trascende la materia stessa, senza camuffarla, se non colorarla.
Gli studi accademici degli anni sessanta, le esperienze di vita cercate in giro per il mondo, India anzitutto, l’hanno portato a confrontarsi, artisticamente, con un immaginario spaziale molto particolare, trovando nel cosmo quella spiritualità che sarà poi fonte di ispirazione per le sue opere.
Una spiritualità, la sua, espressa con una materia sospesa, del cui uso ne diverrà maestro.
Opere dai colori decisi che lasciano alla variabilità delle superfici l’effetto chiaroscuro, evidenziando una tridimensionalità non ricercata.
Le corniciature, le imprevedibili dimensioni, il sorprendente abbinamento dei materiali, è istinto puro.
Un istinto con cui è difficile scendere a compromessi e si vede!
In solitaria e preferibilmente all’aperto, così Massimo Amanati crea.
Non teme la pioggia, il vento, il sole cocente, perché gli appartengono.
Solitario, non certo eremita.
La solitudine gli è dentro mentre la mente, lo sguardo, viaggiano in un cosmo delle cui materie o, se preferiamo, materiali, trae profitto artistico.
Il carbone, gli aghi di pino, il sale, la carta manifesta (i manifesti rovinati al suolo), il legno e tanto altro, sono i tubetti per una tavolozza a cui attinge per incollare e comporre, come in un raccoglitore di … relitti cosmici.
Moreno Mondaini